VERSO UNA AGRICOLTURA SENZA AGRICOLTORI

La parola “Agricoltori”, nell’italietta di “età matura”, evoca memorie contadine, tra duro lavoro nei campi ma anche cibo sano e vita bucolica. Non che fosse così “poetica” quella vita, un motivo in più per generare “solidarietà ai contadini” e simpatia verso le loro rare e comprensibili proteste.

In realtà, l’Agricoltura della “famiglia contadina” tradizionale è un retaggio culturale, un mito che sopravvive a una modernizzazione, urbanizzazione ed emigrazione di massa ancora recenti: dalle campagne alle città – da Sud a Nord.

In realtà, quel “mondo contadino” – nelle aree sviluppate- si è disintegrato del tutto da almeno 50 anni: dissolto da una ristrutturazione secolare che in vaste dimensioni ci lascia un paesaggio agrario ridotto a “base estrattiva” di un pugno di multinazionali AgroFarmaceutiche e della GdO (Grande Distribuzione Organizzata) con vista sui listini della Borsa di Chicago e sguardo puntato sull’index S&P Commodity Producers Agribusiness.

La grande Ristrutturazione post-bellica -fin dagli anni Sessanta- è un circolo vizioso alimentato in UE da un fiume di sovvenzioni miliardarie e protezionismo doganale: la dipendenza dalla PAC è totale: senza FEASR e PSR, senza il bankomat dell’AIMA poi AGEA questa “Agricoltura” sarebbe folkloristica. E’ stato perfino elaborato -in uso al Ministère de l’Agriculture di Parigi- un “indicateur d’un potentiel de production moyen hors subvention”, per determinare la reale «produzione lorda standard » (PBS) al netto delle “sovvenzioni” che pesano “più del 50% nel reddito degli agricoltori europei”. E’ una Agricoltura dopata: altro che “concorrenza sleale” dai Paesi in Via di Sviluppo!.

Il Mercato del Cibo è un campo di battaglia globale, e lo è da secoli: a kmzero c’è solo la Fame. Lo sviluppo diseguale e caotico della produzione e dei commerci è un male irrimediabile del modo di produzione capitalistico: ma non dello Sviluppo umano in sé. Cosa dire, per esempio, di smartphone e internet e del loro impatto esistenziale liberatorio: se ben utilizzati?.

Stiamo vivendo la fine dell’isolamento secolare di chi in campagna ci vive: neanche la più sperduta comunità di allevatori nomadi delle steppe mongole è ormai “fuori dal mondo”. E i semi crescono meglio grazie ai semiconduttori: in tutti i sensi. Quanto limiti e irrazionalità della produzione di Cibo sono i limiti e l’irrazionalità del Kapitalismo.

Sia chiaro: che il “Trattore” abbia sostituito milioni di braccia e l’intera forza motrice animale non è certo un male!. Né va contestato, in sé, il “miglioramento genetico”, da valutare caso per caso, quanto il suo uso imperialistico. Lasciamo a luddisti e neoprimitivi il rimpianto di sofferenze e abbrutimento d’una condizione umana di cui troppo presto si è persa Memoria, salvo rivederla nei volti dei nuovi schiavi di pelle B che faticano nelle nostre campagne per una miseria assoluta che fa comodo a troppi.

E va precisato: non è che non ci siano più aziende agricole “familiari”, né che un buco nero inghiottirà l’Agricoltore proprietario-dipendente di AgroFarma e GdO. A venir meno è e sarà la centralità di modelli aziendali dei quali una tendenza secolare suona le campane a morto.

Il report “European Food Chain” dell’Eurostat fotografa un paesaggio agrario europeo dal quale -in vent’anni- sono sparite altre 5milioni e 300mila aziende agricole. Ne restano poco più di 9milioni.

L’Economia agricola e zootecnica della Ue -inclusi pesca e silvicoltura- occupa ormai solo 9milioni e mezzo di persone (mentre 3milioni e settecentomila lavorano nelle filiere agroindustriali). In quantità si tratta già di piccoli numeri, la curva secolare descrive un declino numerico irrimediabile: oggi solo il 6,7% dei 193milioni di occupati UE. E quasi irrilevante in sé appare il loro peso specifico nel PIL UE: l’1,3%. (dati EUROSTAT 2021).

La curva secolare europea degli “occupati in agricoltura”, in percentuale sul totale, descrive una estinzione di massa in corso. Ma la produttività aumenta e la SAU -Superficie Agricola Utilizzata- non prefigura alcun deserto.

Nelle campagne più che altrove ogni “transizione” ha i suoi tempi lunghi e suscita legittime paure conservative: non può essere altrimenti. Ma in Europa, un’Agricoltura senza Contadini c’è già. Senza Agricoltori è in maturazione.

In meno di un secolo il Paesaggio agrario europeo ha vissuto una radicale mutazione antropologica, con la dissoluzione dell’Agricoltura contadina “familiare”.

In Europa, l’Agricoltura post-contadina è già un dato di fatto. Quella senza “Agricoltori” è una tendenza secolare in accelerazione: che analizziamo da un quarantennio, alzando uno sguardo critico sulle cose della vita e del mondo.

Dalle dinamiche sociali francesi -per esempio- c’è sempre qualcosa da imparare. Anche dalla Ristrutturazione del paesaggio agrario d’Oltralpe: storicamente il più ricco e strutturato del Vecchio Continente.

“Une agriculture sans agriculteurs. La révolution indicible” – di Bertrand Hervieu e François Purseigle, è il titolo di un recente libro pubblicato dalle edizioni Press de Science Po- Paris: “non è solo un declino agricolo quello a cui assistiamo ma una svolta radicale segnata dalla cancellazione ormai registrata della figura dell’operatore agricolo nel suo status di lavoratore autonomo, capo di un’azienda nella quale coincidono l’esercizio di una professione indipendente e la detenzione di capitali familiari”.

E “se l’agricoltura francese -al 37%- rimane a conduzione familiare, lo è molto più attraverso il possesso di capitali che attraverso il lavoro svolto nei campi”. E va rilevata la crescita costante della superficie media per azienda: “attualmente 69 ettari, ovvero un aumento di 50 ettari in 50 anni”.

Inoltre: “lo sviluppo delle forme societarie è oggi spettacolare perché il 60% [dei dirigenti agricoli] gestisce o cogestisce aziende agricole – gli agricoltori diventano quindi dirigenti d’azienda che sviluppano sempre più attività parallele al proprio core business oltre alla produzione primaria (erogazione di servizi, stoccaggio, produzione di energia, ecc.). In alcune di queste società, il direttore operativo cede il posto a un manager, in subappalto totale, al servizio delle “famiglie rentier” a capo di operazioni “trompe l’oeil” (di inganno realistico, ndt). (…)

In Europa, l’Agricoltura post-contadina è già un dato di fatto. Quella senza “Agricoltori” è una tendenza secolare. Nell’analisi dei nostri saggisti francesi a procedere è la “razionalizzazione dell’attività produttiva iniziata nel secondo dopoguerra: diversificazione delle strutture giuridiche, forti investimenti finanziari e tecnologici, ingresso di capitali esterni, patrimonializzazione e multilocalizzazione delle attività”.

In questa lunga Ristrutturazione “la famiglia costituisce quindi sempre meno la base dell’attività agricola”. Fenomeno che abbiamo intravisto, già negli anni Ottanta, nella nostra Piana di Catania.

Ma anche nel più ricco e strutturato paesaggio agrario francese, a mancare è una Grande Politica Agraria che guardi all’Avvenire, all’Agroecologia globale 4.0 (che c’entra nulla col Green Deal dell’Imperialismo europeo che ne fa greenwashing).

Quanto agli Agricoltori: si andrà avanti coi sussidi a pioggia, le protezioni doganali e le agevolazioni fiscali, ricaricando il bankomat Agea: verso l’eutanasia.

Una razionale visione di Avvenire non può che essere post-capitalistica ed ecosociale. Non può dunque apparire sullo specchietto retrovisore dei Trattori di Bayer&C.

Mai la merce sfamerà l’uomo!.

Mario Di Mauro – Fondatore della Comunità TerraeLiberAzione. (2-continua)


PRIMA PARTE: BIO E’ MORTO! > http://www.terraeliberazione.net/2024/02/13/bio-e-morto/