La “scoperta” del Niger!

In questi giorni, i mass media euro-atlantisti stanno amplificando notizie e fake su quello che evidentemente non è uno dei soliti golpe militari africani, da passare sotto silenzio (tanto a “ispirarlI” erano quasi sempre le centrali euro-atlantiste: meglio non spargere la voce!).

Anche le telecomandate “opinioni pubbliche” del “mondo libero” –tra un talk e un tik tok- hanno scoperto il Niger: un paese di 25 milioni di abitanti, ma esteso più di Francia-Germania-Italia messi insieme: 1.267.000 km².

Qualcosa non va nei piani secolari dell’imperialismo euro-atlantista: si deve correre ai ripari, urlare contro i golpisti, difendere il presidente defenestrato, salvare la democrazia e la libertà dei nigerini, che invece stanno festeggiando sulle strade con le bandiere del loro paese e quella della Russia!.

Premessa: il 18 febbraio 2023, il Fronte unito dei Sindacati del Niger ha manifestato con forza per lo smantellamento “il prima possibile” delle basi militari straniere, a “trazione francese”, installate nel loro Paese. Da notare che la Francia aveva appena completato il trasferimento in Niger della sua forza “Barkhane”, espulsa dal Mali dalla giunta militare sovranista che ha di recente “preso il potere”.

Il (quarto) colpo di stato militare nel Niger – la storica miniera di uranio della FrancAfrique neocoloniale, formalmente “indipendente” dal 1960- viene descritto come “un altro brutto colpo alla democrazia in Africa”, e formalmente è vero. Ma va aggiunto che la “instabilità istituzionale” del Niger –e di tanti altri paesi africani- è determinata in primis dal sottosviluppo neocoloniale, ma anche dal modus operandi delle élite politiche nazionali; nonché dall’onda lunga del “passato che non passa”: la secolare e feroce colonizzazione “cristiana” europea, che, tra i suoi disastri, ha lasciato in eredità anche “confini” del tutto inventati dalla sua geopolitica spartitoria; e modelli statuali (“giacobini” o “british”) a dir poco alieni.

Il trentennale ciclo politico di “democratizzazione” di molti paesi africani, avviato nei primi anni Novanta da coraggiose e sincere rivolte popolari, chiudeva una trentennale fase “post coloniale a partito unico”.

Oggi si registra ovunque (e da almeno un decennio) la crescente disillusione e la legittima ostilità delle popolazioni verso i “governi democratici”: in particolare le nuove generazioni, che il Mondo lo conoscono, quantomeno via internet ed hanno visto e vissuto la loro “realtà democratica” (imposta su “modelli occidentali”) nel suo volto nudo e crudo: affarismo e corruzione dilaganti; lotte di fazioni a briglia sciolta (con tanto di partiti politici a far da maschera…democratica); elezioni telecomandate e spesso del tutto truccate; servizi pubblici precari o inesistenti; economie di sopravvivenza e crescente dipendenza dagli ipocriti e usurai “aiuti occidentali” (FMI &C.).

I tentativi di sviluppo panafricano indipendente, che riguardavano anche il Niger, sono stati massacrati regolarmente dall’Imperialismo occidentale e del tutto seppelliti nel 2011 insieme al corpo martoriato di Muammar Gheddafi e della sua profetica Moneta Africana di Sviluppo.

Ed ecco intanto l’ultima serie di colpi di stato militari nell’Africa occidentale: Guinea, Mali, Burkina Faso e ora Niger, che diversi analisti africani spiegano come “più una conseguenza della crisi democratica che non una causa del suo aggravamento”. Da notare che Mali, Burkina e Niger fanno parte, con altri paesi, dell’ECOWAS: un altro effimero tentativo di “unione per la cooperazione e lo sviluppo” –telecomandato da Parigi- e bla bla bla.

Il primo ciclo di colpi di stato (anni Settanta) scardinava “regimi monopartitici” post indipendenza, divenuti illegittimi agli occhi del popolo; l’attuale secondo ciclo di golpe, invece, irrompe, con soluzioni vecchie, nella “crisi delle democrazie”, che sono diventate anch’esse illegittime: sia per i fallimenti interni dei loro leader, che per la loro subalternità all’Occidente imperialista, in quest’area a secolare egemonia francese -tanto che la moneta nigerina è ancora il Franco CFA BCE-AO!- per quanto gli interessi neocoloniali siano “trasversali”. Un piccolo esempio: l’uranio nigerino, rubato dal Regime di Parigi, alimenta le centrali nucleari francesi che “illuminano mezza Padania”!. Chiaro?.

Torniamo a Niamey, capitale del Niger, 1.250.000 abitanti. Nel 1960, l’anno dell’indipendenza formale, ne contava 30mila. Il suo sviluppo demografico non è determinato da sviluppo economico, ma dall’immigrazione di massa dalle campagne a causa della siccità, malgrado questo immenso paese sia attraversato dal grande fiume che le dona il nome.

Come è noto, l’Area saheliana dei nuovi golpe militari anticolonialisti riguarda Mali, Burkina Faso e Niger, alla cui instabilità contribuisce non poco anche l’insorgenza jihadista, che gode di un certo consenso sociale nelle periferie più disperate. Va detto che l’islamismo salafita armato, che sciama quasi a telecomando da un Quadrante geopolitico all’altro, è una invenzione della CIA e di ambienti sauditi &C. – Questo non vuol dire che non abbia anche una sua autonoma dimensione politica e militare, culturale e sociale… che ha gioco facile in paesi deboli e facilmente destabilizzabili. Ci hanno provato anche in Algeria e in Egitto, telecomandati anche da Londra e Washington: ma ne sono usciti giustamente con le ossa rotta, anche nelle loro espressioni politiche “democratiche”.

Va detto che –secondo fonti nigerine- il dott. Mohamed Bazoum, il presidente spodestato, era isolato nel suo stesso corrotto partito, che governava il paese da un decennio, e si rivolgeva in extremis direttamente alla popolazione ormai del tutto ostile alla “casta”, per quanto “indulgente verso la sua persona”.

Va rilevato, infine, che la corruzione, il malaffare, il racket… sono endemici nelle società neocoloniali e non risparmiano certo il mondo militare: alcuni tra gli intellettuali e analisti africani che seguiamo regolarmente, pongono come decisiva anche la questione di una “riforma militare”. Ma è dal “mondo militare” che sorgono spesso Forze di Cambiamento. «I nostri predecessori ci hanno insegnato una cosa: lo schiavo che non è capace di rivoltarsi contro la propria sorte non merita che si provi pietà per la sua sorte». (Ibrahim Traorè, Presidente del Burkina Faso).

In realtà, in “Africa” più che altrove, la crisi di direzione dell’Umanità presenta il suo conto esistenziale più terrificante.

L’Africa, anzi le tante Afriche, configurano un immenso “campo di battaglia” della Guerra Totale Imperialista Weaponizzata: ma questa, in fondo, non è una novità: da quando, nel Settecento, esploratori e “missionari” francesi e olandesi, prima degli inglesi, muovendo dalle basi coloniali-commerciali delle coste, ne cominciarono a scoprire e studiare sistematicamente i suoi immensi territori fin nel cuore più profondo, le sue gigantesche risorse, ma anche i suoi popoli e le sue variegate culture e organizzazioni sociali. E non sempre, va detto, con un approccio di “superiorità bianca” o di mitizzazione del “buon selvaggio”. Compresero, per esempio, che la civiltà Wolof esprimeva lingua e cultura raffinata e socializzata, quando il 95% dei civili europei erano in realtà ancora rozzi analfabeti. Nè gli sfuggì la complessità glocal dell’orrendo Mercato degli schiavi: ne riparliamo.

Per concludere, torniamo sul fiume Niger, da europei di ieri e di oggi, inchinandoci verso Timbuktu alla grandezza politica dell’impero Songhai, che la sua guerra esistenziale però non la perse contro gli invasori europei: gli arabi del Marocco arrivarono prima. Le Afriche sono tante: prendere appunti.

Luglio 2023. La Comunità TerraeLiberAzione.